Storia

Dalla guglia di Preda Longa a Cala Sisine,
tra codule, anfratti, immense pietraie e bellissimi boschi ove i carbonai
toscani dai primi del '900 fino a 60 anni fa tagliavano il legname per
farne carbone che veniva poi imbarcato direttamente dalle scogliere per
il continente, si inerpica il “Selvaggio Blu”,
trekking tanto bello quanto impegnativo. L’ idea di collegare in
un unico percorso i sentieri dei pastori e dei carbonai fu di due lungimiranti
alpinisti: Mario Verin toscano e Peppino Cicalò
sardo, ma toscano d’adozione. I due ne scoprirono e divulgarono
il tracciato che fu poi definito come una delle più belle “alte
vie” del Mediterraneo. L’inesperienza della gente locale in
fatto di turismo alternativo a quello solito balneare, ha contribuito
ad ingigantire l’idea e l’opera dei due alpinisti innamorati
di questi territori selvaggi.
Nel 1986 Peppino Cicalò propose al sindaco di
Baunei di recuperare i tracciati già esistenti
e di collegarli tra loro per creare un itinerario panoramico che avrebbe
seguito l’andare della falesia.
In quel periodo Cicalò e Verin
iniziarono un’esplorazione sistematica tra il Golgo e la costa sottostante.
Fu un lavoro lungo e delicato in quanto bisognava costantemente interrogare
i pastori, rivolgendo loro molte domande… senza che essi comprendessero
le motivazioni che spingevano i due alpinisti a cercare i sentieri per
il solo gusto di percorrerli. Fu un’esplorazione certosina fatta
di attraversamenti di “bacu” o che dir si voglia piccole valli,
arrampicamenti, discese in corda doppia…senza mai la certezza di
una via d’uscita. Diceva Cicalò, che ogni
qual volta ci si trovava di fronte ad un ostacolo all’apparenza
insormontabile prima o poi si scopriva un passaggio attrezzato dai pastori
come ad esempio una scala a fustes (tronco con gradini incisi) che consentiva
di proseguire. L’intento di Verin e Cicalò
era quello di ridare valore ad un patrimonio rurale destinato altrimenti
al degrado e rimettere in funzione opere di vera ingegneria. Per questo
motivo oltre che individuare il percorso proposero di restaurare gli antichi
ovili e rimettere in sesto i muretti a secco, ripulire i vecchi sentieri
e dotarli di segnaletica. Ma, cambiata la giunta comunale cambiarono anche
gli obbiettivi e di conseguenza anche il progetto “Selvaggio
Blu” venne messo da parte;
le uniche tracce che restarono di tutta questa mole di lavoro furono gli
sporadici segni blu, segnavia del percorso
e i segnali rossi che indicavano le vie di
fuga.
Si è tentato di nascondere le tracce del sentiero ma inutilmente…
il tam tam tra gli escursionisti e la guida Baunei sentieri di
Verin e Cicalò nonché
gli articoli su riviste specializzate tra cui Alp n. 38/1988
hanno avuto la meglio sull’inesperienza locale… tanto che
oggi Selvaggio Blu è
sempre più vivo. Non a caso molte guide alpine lo hanno inserito
nei loro programmi accanto a mete ben più conosciute come la Patagonia
e L’Everest.